mercoledì 17 settembre 2014

L'Ufo Pasolini secondo Ferrara




"Pasolini" di Abel Ferrara. Avevo una gran paura eppure il "Pasolini" di Ferrara si è rivelato l'opera intima da vedere, rivedere e vedere ancora, per potersi perdere all'interno delle sue dissolvenze, nel cuore di un Paese (e di un autore) ricostruito come in un puzzle mai così controllato. Ferrara, come i più grandi, sembra amare ancora prima di comprendere, sentire ancora prima di narrare. All'interno di un film-mente costruito come un sogno pieno di echi e rimandi, Ferrara dimostra un rigore di messa in scena davvero stupefacente. Fin dalla straordinaria e pericolosa scelta linguistica, il suo Pasolini pare un ufo, quasi osservatore straniero piombato in Italia. E' un personaggio spesso "in assenza", che rifugge, si sottrae allo sguardo, si nega al campo. Ferrara mette in scena, prima di tutto, un percorso intimo e famigliare, più interessato all'uomo che alla sua storia (penso al pianto delle madre e ai miei occhi lucidi in sala). Del resto tutto il film è lo sguardo del suo autore, il continuo sdoppiarsi di Ferrara e Dafoe, il protrarsi di un occhio che sente l'individuo prima di qualsiasi ricostruzione, fregandosene di ogni becera tendenza in stile biopic. E quel film mai realizzato da Pasolini diviene allora il grande "continua" della sua vita, dove non c'è nulla da fare se non continuare ad aspettare.

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