mercoledì 23 settembre 2015

Inside Out: la Pixar e l'oblio (2)




(1) Si rifiutano gli schematismi di ogni sociologia spicciola a favore di una (con)fusione essenziale: ogni uomo è un ossimoro, ogni individuo non può superare le correnti che lo percorrono, ma solo unirle senza alcuna possibilità di sintesi. In questo senso è Tristezza il polo attrattivo, l'origine, l'essenza di Gioia stessa. Non il suo opposto, ma la sua vera identità.

(2) La mente umana in "Inside Out" è una rete virtuale, un universo liquido, un complesso labirinto di pensieri sferici sempre a rischio di cadere. Ogni essere umano ha una sua geografia interna, un sistema ordinato e complessissimo controllato da Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura e Disgusto. Mentre scorrono treni-pensiero e crollano isole identitarie, "Inside Out" mostra tutta la sua grandezza: quella di scrivere una storia di formazione dall'interno della sua protagonista, con la notevole intuizione di riflettere sull'assenza, sulla perdita, sul potere rammemorante della mente (quasi ci trovassimo in un eternal sunshine animato, dove la vita scorre su uno schermo, minuto dopo minuto, giorno dopo giorno e così via).

(3) Da ritornarci: la produzione-sogni che fa dell'attività onirica, giustamente, una produzione cinematografica (una parodia collaudatissima del sistema hollywoodiano) e il regno del pensiero astratto che diviene immagine bidimensionale, follia surrealista in movimento. C'è perfino Max Ernst in "Inside Out"!

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