domenica 26 ottobre 2014

Quando il cinema ti respinge:
Lucifer




Formato Tondoscope che suggerisce immediatamente l'idea di un grande occhio che tutto osserva. L'operazione di Gust Van den Berghe è pretenziosa fino al midollo, condotta con la presunzione di chi vuole controllare e gestire lo sguardo dello spettatore, negandogli qualsiasi possibilità di fuga. Tutto è orchestrato fino al midollo e l'impressione di un'immagine completamente chiusa in se stessa, respingente, mi insegue dall'inizio alla fine del film. Temi giganteschi urlano con voce altisonante, sfoderando un misticismo di fondo che svela subito tutta la sua inconsistenza e futilità. Un cinema che non sprigiona alcun senso di sacro, ma solo la costruzione esasperata di un effetto: lo stesso formato che rende il film oggetto d'interesse si rivela in realtà una copertura furbissima per nascondere una notevole carenza d'immaginario, come se "Lucifer" in fondo non avesse nulla da dire. Anche dal punto di vista registico solo alcune inquadrature appaiono pensate per questo formato circolare, mentre altre sembrano addirittura posticce. Si può anche rimanere suggestionati, ma è il senso d'insieme che viene a mancare. Ed è proprio questo "Lucifer", osannato da molti al festival di Roma, a rivelarsi una delle delusioni più cocenti e irritanti dell'anno.

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