venerdì 22 maggio 2015

Rinascite?




Quotidiani, riviste, televisioni, per non parlare della valanga di commenti online, non fanno che parlare di una presunta rinascita del cinema italiano, per il semplice fatto che tre titoli nostrani siano in gara al concorso internazionale di Cannes.
Eppure si potrebbe parlare di rinascita se esistesse un trait d'union, una scuola comune (che non vuol dire sguardo comune) sostenuta da un Paese realmente interessato a valorizzare il suo cinema.
Sorrentino, Moretti, Garrone, sono tre autori dalla poetica estremamente riconoscibile che, più che rappresentare l'Italia, rappresentano unicamente se stessi e la loro visione di cinema (e, per carità, non c'è nulla di sbagliato in questo). La trita e ritrita retorica della rinascita, della nuova, fiorente stagione del nostro cinema, è figlia di un provincialismo becero e colpevole - perché ci fa credere che questa povera Italietta faccia qualcosa per legittimare e proteggere una cultura sempre più assente.
Se un premio finisse a uno dei "nostri", si diffonderebbero raffiche di commenti su un'edificante vittoria nazionale (nemmeno fossimo allo stadio). Peccato che quella stessa Italia, all'inseguimento della ribalta mediatica e così profondamente, falsamente chic, non abbia mai puntato lo sguardo su tantissimi autori nostrani molto più sotterranei, giovani e (spesso) interessanti. Tutti loro sono affossati da un palese disinteresse mediatico, come buchi neri nell'indifferenza culturale della nostra vecchia e stanca penisola.

Moretti l'ha detto meglio di tutti: "Sono molto contento che ci siano tre film italiani in competizione e altri titoli nostrani in varie sezioni del festival. Ma la mia impressione è che questo sia ancora il risultato di iniziative individuali di registi e produttori mentre il clima in Italia intorno al cinema, sia come fenomeno industriale che artistico, è sempre molto distratto".

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