lunedì 25 novembre 2013

Fear of Falling di Jonathan Demme




Inizia Fear of Falling di Jonathan Demme e il miracolo di una visione incredibile si sostanzia inquadratura dopo inquadratura. Testo teatrale divenuto film, Cinema (proprio lui, vero, autentico, grande Cinema) che entra dalla porta d'ingresso presentandosi a venti minuti dall'inizio del film, quando cambia il formato, si allarga lo schermo, e appare lei, visione angelica e indefinibile, irradiata di luce come la Margherita del Faust di Sokurov e come poche, altre epifanie visive.
E allora ci si perde tra le parole, troppe, tante, troppo poche, lasciandosi cullare da attori che sembrano posseduti da un'energia vitale, da una follia distruttiva che incendia il film a ogni movimento di macchina.
Ancora: il primissimo piano di un volto di donna che da solo è una geografia infinita e misteriosa dove perdersi senza trovare più vie di fuga. Danza di luce e movimento verbale coincidono.
E quei venti minuti finali, che vivono nella trasparenza di un riflesso, nel sogno di una vita gigantesca che è stata "detta" e che è divenuta carne: solo allora immaginiamo il costruttore pronto a scalare la torre e a vedere il cielo.


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