lunedì 25 novembre 2013

"Die Andere Heimat -
Chronik Einer Sehnsucht"
Prime impressioni sull'ultimo Reitz




Incollo qui le prime impressioni di post-visione di ormai alcuni mesi fa riguardo all'ultimo capolavoro di Edgard Reitz visto al festival di Venezia.

In attesa dell'uscita al cinema di "Die Andere Heimat - Chronik Einer Sehnsucht" (31 Marzo-1 Aprile) riposto le mie parole sul capolavoro di Reitz datate festival di Venezia 2013.
Sehnsuct è una parola tedesca che sta ad indicare la passione struggente, la malattia dolorosa o la spinta vitale di chi anela a un oltre indefinito ma è impossibilitato a raggiungerlo: sincera, dolente passione romantica che s'impossessa di corpo e mente e conduce letteralmente alla rovina (perché l'uomo in fondo è quella coscienza infelice troppo fragile, troppo piccola per il mondo che la circonda).
Tapanama è una parola indiana che significa "ritorno alla fine del tempo". Ed è il tempo ad interessare ad Edgar Reitz che dilata e ipnotizza, scolpisce e indaga. Il tempo delle ragazze che si rotolavano nude sull'erba sotto lo sguardo di chi aveva appena scoperto il primo amore. Il tempo della festa, tra passi di danza e fiumi di vino riconquistato. Il tempo dello sguardo e di qualche dolce, spensierata parola, prima del rimpianto di tutto ciò che sarebbe potuto essere ma non è stato.



Ecco allora "Die andere Heimat - Chronik einer Sehnsuct", estasi di cinema puro, esperienza ineguagliabile che vive di visioni infinite e bagliori lontani.
Questo è il cinema, viene da dire, perché Reitz, oltre a essere un grandissimo narratore di storie (e di Storia), è regista di spazi infiniti ma anche cantore dell'uomo e dei suoi limiti, della fragile potenza del sogno e di quell'infinita indecifrabile nostalgia: nostalgia per mondi straordinari, quelli letti sui libri o sognati di notte, nostalgia per le grandi avventure e per i viaggi sterminati. Nostalgia, dolcissima e tremenda, per tutto ciò che c'è ma è da un'altra parte, lontano troppo lontano per essere acchiappato. Nostalgia per quei luoghi che sembra di conoscere da sempre, come ombre di vite mai vissute ma sempre adorate.
(e, mentre piangi per quattro ore speri che tutto questo possa non finire mai: l'immagine resiste ai titoli di coda e ritorna, baluginante, alla mente). Enorme.



1 commento:

cooksappe ha detto...

opera immensa di cinema puro