lunedì 13 giugno 2016

The Neon Demon




Guardarsi allo specchio e innamorarsi del proprio riflesso: simbolismi d'accatto, piroette visive che saccheggiano Argento e De Palma, parabole che sfuggono il genere perché incastonate in uno sguardo così totalizzante da essere già confezionato per il marchio di fabbrica (NWR). Mi dispiace, ma sotto la patina di The Neon Demon non ho visto nulla, né disgusto, né paura, né violenza, né ardore e, cosa più grave, nessuna carne, nessun senso del sangue, nessun lavoro sulla pelle o sui demoni sottocutanei (grave per un film che dovrebbe essere una vera e propria esplosione organica). Permane il gusto di un gioco perverso che non sopravvive allo sguardo dell'altro, perché preoccupato solo di ostentare il proprio statuto d'autore.Tutto si fa oggetto, i personaggi si riducono a pedine di un teatrino della crudeltà che non ha armi per essere davvero crudele. E la riflessione sulla bellezza naufraga, si banalizza, muore immediatamente svelata da un mondo di dialoghi e situazioni che definire pretestuose sarebbe un eufemismo. E mentre ogni superficie si fa simbolo di un gioco chiuso, emerge un cinema sempre più arido (e scrive uno che aveva apprezzato alcuni film di Refn) che nasconde la propria mancanza d'immaginazione in immagini opache, seducenti, volte a negare qualsiasi libertà di sguardo.

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