mercoledì 17 luglio 2013

Animali. E poi forse uomini.
La promessa dell'assassino



Ripenso alla sequenza del bagno turco de "La promessa dell'assassino". Immagini laceranti che rimangono impresse nella mente, selvagge e primitive, sporcate dal sangue e da un senso di umana, ancestrale bestialità.
Animali prima che uomini?
C'è una fisicità che emerge poderosa e prorompente, un corpo che è istinto prima che ragione, macchiato da sempre da quel peccato originario che ci ha resi, in fin dei conti, uomini. Quella messa in scena da Cronenberg è una violenza primordiale, atavica, Kubrickiana, con tutte le possibilità di eludere perfino il mito del “buon selvaggio” di Rousseau. Un paradigma della violenza.
Che arriva.
E che fa male.

Vorrei scrivere tante altre cose, vorrei parlare dei tatuaggi come indici di identità, come segni o ferite corporee, come cicatrici, tracce che scavano nelle derive patologiche dei loro "portatori"; vorrei parlare della mafia russa trapiantata a Londra, di quel finale pazzesco, di quel senso di impotenza, di fragilità, di umiliazione del bene nei confronti del male. Vorrei anche rivederlo perché film come "La promessa dell'assassino" sono ferite bellissime che non si rimarginano mai.


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