lunedì 2 giugno 2014

Knockout - Resa dei conti
ovvero niente è come sembra




Continuando la mia personale soderberghiana: questa volta è il turno di "Knockout - Resa dei conti" che, tutto sommato, mi pare una versione fredda e divertita di "The Girlfriend Experience", dove è la violenza di pugni, calci e arti marziali a sostituirsi all'atto sessuale. Se in quest'ultimo infatti Soderbergh aveva felicemente reclutato Sasha Grey per farle "interpretare" una escort, in "Knockout" la protagonista è Gina Carano, ex lottatrice di arti marziali, che pista - letteralmente - di botte i vari Fassbender, McGregor, Tatum. Pur essendo un film meno interessante degli altri, s'iscrive perfettamente nel medesimo gioco trasformista soderberghiano: un regista che mira continuamente ad annullarsi, dove ogni film ha un suo linguaggio autonomo, una sua specifica messa in scena. Se il cinema di Soderbergh ha una costanza, una sua cifra intrinseca, questa è ipodermica, perché in superficie si scaglia contro qualsiasi politica degli autori, lavorando di sottrazione, travestendosi di volta in volta con la maschera più cool (un cool questo che nasconde un dolore più grande e che, nelle sue prove più alte, arriva ad annientare la maschera stessa, in uno strepitoso gioco metacinematografico). Ancora una volta il "niente è come sembra" vale per Soderbergh per più di chiunque altro: lo stesso eccesso quantitativo, a livello di produzione di film negli ultimi anni, rende le sue opere una serie di cambianti sempre pronti a modificarsi e a riscriversi.
Inoltre le scene di combattimento in "Knockout" sono davvero strepitose per come ribaltano l'immaginario maschilista di tanto cinema d'azione (e il casting, di uomini tutti di un pezzo, di sex symbol americani messi a terra da una donna, è davvero irresistibile), in particolare la bellissima sequenza sulla spiaggia con Ewan McGregor, memore di tanto cinema che fu. E lo sberleffo finale, con Banderas, si colloca perfettamente all'interno della poetica soderberghiana del bluff.


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