domenica 26 ottobre 2014
Nightcrawler
Esordio che rivela il talento registico di Dan Gilroy, nome su cui puntare per il futuro del cinema americano. Il film ha un primo tempo davvero folgorante: quando la teoria è al servizio della narrazione, in un'opera sulla cattura famelica di immagini rubate, che supera qualsiasi idea di morale e affonda nella follia della civiltà delle immagini. L'aspetto più interessante è proprio come il protagonista, filmando omicidi brutali o incidenti devastanti, incominci da solo a prendere coscienza del mezzo. Da voyeur amatoriale apprende poco a poco l'arte della regia, arrivando a modificare la scena del crimine per poter comporre meglio la sua inquadratura. Ciò che fa è infatti orchestrare la situazione, narrativizzarla, prevedendo già un'idea di montaggio.
In un'epoca post-mcluhaniana, Nightcrawler porta a parossismo quella formula necessaria e basilare che identifica il medium con il messaggio: evidente protesi del protagonista, la telecamera ritorna occhio che comunica e uccide (l'altra faccia dell'informazione è quella nera dell'omicidio). Peccato solo che il secondo tempo di Nightcrawler prenda un'altra direzione, più interessata ai prevedibili sviluppi di un giallo già visto per quanto morboso possa risultare. Mi sarebbe piaciuto invece se Gilroy avesse indagato con maggior acutezza la pulsione scopica che ci attanaglia, piuttosto che attaccarsi a esigenze di pura sceneggiatura. Seppur il film non gli sfugga mai di mano e assorba lo spettatore in una tensione che si mantiene intatta per tutta la durata, Gilroy non ha il coraggio di osare: non fa quel passo in avanti che avrebbe permesso al film di brillare. Ma Nightcrawler rimane, comunque sia, un oggetto filmico intelligente e conturbante, grazie anche alla performance di un Jake Gyllenhaal mai così invasato e inquietante.
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