domenica 20 aprile 2014
Vuote superfici: American Hustle
Che "American Hustle" sia l'ennesima parabola sul sogno americano, dalla patina scintillante e seducente, dove costumi, scenografie, colori contribuiscono a rendere accattivante il gioco visivo, è fin troppo evidente. E' come sentire un retrogusto scorsesiano dove però manca completamente il cuore, l'interno del guscio, la sostanza oltre la superficie.
"American Hustle" è un'opera che nel suo essere così nevrotica e sopra le righe si rivela in fin dei conti unidirezionale, piana e monocorde: il suo problema più grande mi pare la gestione del ritmo, il susseguirsi di tempi sbagliati, la sua impossibilità fisiologica di inseguire anche quache tempo morto, di spezzare l'azione, di creare suspense o almeno un orizzonte di aspettative. Si rifugia, invece, in un umorismo facilone che sbarca nei territori di un grottesco fin troppo calcato e studiato a tavolino. Il fatto è che tutto questo poteva durare novanta minuti, ma prosegue invece per più di due ore. Davanti agli spettri di un altro cinema che si vorrebbe rievocare, l'operazione di David O. Russell si rivela sterile e perfino noiosa, troppo lunga, ma soprattutto troppo piena di sé.
Questo, a mio avviso, testimonia come Russell, ancora una volta, sia notevole a colorare la patina delle immagini, ma non riesca a gestirne il flusso, il ritmo, il tempo, condannando lo spettatore a essere testimone passivo di un giochino freddo e iperprogrammato. A questo punto preferivo i tempi di "The Fighter" dove, Russell era meno ambizioso, si trascinava in una storia che più derivativa non si poteva, ma riusciva almeno a fare buon cinema.
p.s. sarebbe ingiusto però non sottolineare almeno un aspetto notevole del suo lavoro: la gestione di una squadra d'attori in ottima forma (Jeremy Renner e Jennifer Lawrence su tutti) dove perfino Bob De Niro si ritaglia un ottimo cameo.
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