domenica 20 aprile 2014

Spielberg sulla strada: Sugarland Express




Insegne stradali, stazioni di benzina, cortei di macchine della polizia che sembrano quasi scortare dei Bonnie e Clyde ribaltati: nessuna rapina, nessun furto, semplicemente il desiderio di poter ristringere tra le braccia il proprio bambino. Steven Spielberg prosegue il suo viaggio nel road-movie americano dopo "Duel" con quello che fu il suo vero esordio cinematografico: "Sugarland Express" rimane ancora oggi uno splendido film in grado di raccontare la perversione del sogno americano: innocui fuorilegge che diventano star, modelli politici in un mondo (già) transmediale, in un surrogato di realtà che è regno del grottesco e dell'improbabile.
Che la strada sia la metafora di un intero Paese è sempre stato chiaro. Che Steven Spielberg, giovanissimo, avesse già confermato quel senso innato di ritmo e di affabulazione che gli è sempre stato proprio risulta ancora pià evidente. Con un senso del ritmo vertiginoso, condito di gag e situazioni improvvise, canzoni e battibecchi, proseguono le strade di quella New Hollywood selvaggia, tra "Easy Rider" e "Badlands", memorie degli insegnamenti della "Gangster Story" di Penn: con quel tocco di spielberghiana leggerezza, con una Goldie Hawn innocente, giovane e bella, un po' matta e stralunata, e uno straordinario Ben Johnson, capitano umanissimo e contrariato.
Fino ad arrivare a un finale memorabile: unica risposta possibile a "Duel" e perfetta anticipazione di un'intera carriera (l'anno seguente sarebbe arrivato "Lo squalo": il resto è Storia).


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