lunedì 1 giugno 2015
Louisiana di Minervini
che film bellissimo è Louisiana di Minervini. In alcuni momenti quasi pittorico, incredibile per come cerca di oltrepassare sempre i confini stessi del cinema. Abolendo qualsiasi differenza tra documentario e film di finzione, seguendo unicamente corpi vibranti di vita ed emozioni, Minervini pedina l'uomo, cerca i segreti di un volto che non vuole mai abbandonare, mette in luce le contraddizioni insite in ogni other side. E' un film di specchi, volti nascosti, ribaltamenti progressivi in bilico tra messa in scena e spontaneità dell'atto.
Il ritratto intimo di Mark è contrassegnato da un'inspiegabile, commovente tenerezza, in lui si aprono già le voragini di tutta la comunità white trash. Comunità che Minervini indaga con un'onestà e una sensibilità sconfinate, lontano dal giudizio facile, ma anche dal ritratto antropologico di chi vorrebbe spiegare ma non può, non riesce a farlo. Rimangono gli uomini, le comunità, i singoli gesti. Non ci sono cause né effetti, ma pure, fragilissime esistenze che semplicemente continuano a vivere. Come le milizie armate che si aggirano per la foresta, mentre sparano alla maschera di Obama: è il lato oscuro dell'America, un cuore selvaggio da cui, spontaneamente, liberamente, rinasce la poesia di uno sguardo mai calato dall'alto, ma sempre immanente, sempre tra le cose, sempre tra gli uomini. E, inaspettatamente, Minervini scopre una bellezza mai diretta, ma sempre emanata da un controluce lontano, sempre pronto a irradiare lo schermo.
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