mercoledì 3 dicembre 2014
Il piacere assoluto della visione
Billy Wilder
Mi rendo conto che forse sono i film di Billy Wilder gli unici in cui mi lascio trasportare completamente dal potere del racconto. Non penso ad altro se non a ciò che sto vedendo, senza alcuna dietrologia, senza alcun appunto o tecnicismo di troppo. Mi sento catturato, inebriato da ogni singolo incastro narrativo, e, in un secondo, tutto il mare di teoria, tutte le riflessioni, le elucubrazioni infinite, le scuole di pensiero saltano in aria. Ciò che rimane è il piacere assoluto di vedere un film, di lasciarsi coinvolgere, di sospendere l'incredulità per centoventi - dico centoventi! - minuti, di amare ciò che vedi, e ridere e piangere e in caso divertirsi un mondo. Dimentico la regia, la fotografia, la colonna sonora, non noto alcun movimento di macchina, alcun vezzo di montaggio, dimentico gli autori e le teorie, dimentico i libri, dimentico tutto: vedo ogni cosa insieme, totale ma mai totalizzante, quasi un corpo unico ricco di grazia e di brio, e mi scordo - oh sì, mi scordo - il cinema (nonostante i suoi film, soprattutto le commedie, presentino le costruzioni narrative più rigorose e puntigliose di tutto il cinema americano). Forse mi accade anche con Lubitsch o Capra, ma i film di Wilder contengono quell'ingrediente segreto che porta diretti verso il puro, appagante piacere della visione. Penso questo mentre rivedo per l'ennesima volta quel capolavoro assoluto che è "L'appartamento": mi sento felice come un bambino appena salito a bordo di una giostra, provo un entusiasmo, un'ingenuità, una soddisfazione sconsiderata che nessun cinema, perfino quello che amo di più, potrà mai restituirmi. E sto bene.
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