giovedì 18 settembre 2014

World of Glory: capitolo zero di una trilogia sull'essere un essere umano




Continuo a pensare che nei quindici minuti di "World of Glory" sia racchiuso il senso di tutto il secondo cinema di Roy Andersson: summa che disvela il drammatico passaggio del ventesimo secolo tutto, ovvero lo slittamento dal senso di colpa che ha attanagliato intere generazioni all'indifferenza più spaventosa e radicale. A partire da quell'inizio in cui i corpi nudi di uomini, donne e bambini vengono caricati su una camionetta (di cui la sequenza semifinale di "A pigeon sat on a branch reflecting on existence" è il drastico, devastante controcampo), fino al caustico, emblematico finale: una voce - quella della coscienza - martella la testa del protagonista che non riesce a dormire. La moglie, personaggio chiave anderssoniano, gli suggerisce di tornare a letto per poter essere sveglio l'indomani mattina. La trilogia sull'essere un essere umano deve ancora iniziare, ma i prodromi sono già tutti qui.

Nessun commento: