domenica 28 settembre 2014

Il raggio verde di Éric Rohmer




A ogni nuova visione, a ogni sporadico ritorno, "Il raggio verde" è sempre il film che vedi per la prima volta. Quello che scorre sullo schermo è lo stesso movimento della vita impresso su pellicola. Eppure non c'è traccia di mani, di lavorio, di modifica, di progettazione nel cinema di Rohmer. Quello che rimane è uno sguardo capace dell'impossibile: entrare nel corpo e nella vita delle sue dolci creature, senza mai invaderle, ma con il rispetto commovente di una macchina da presa timida e pudica. Ci sono dei momenti in cui, come per miracolo, compare una leggera oscillazione: questa macchina-sguardo, con estrema delicatezza, si permette un riservato, schivo movimento. Sono attratto allora da quegli istanti, da quei piccoli, esili avvicinamenti, slittamenti dello sguardo che - da soli - hanno il potere straordinario di far vibrare un intero universo. In quegli attimi, leggeri come la brezza che smuove i capelli di Marie Rivière, vorresti fermare il tempo e afferrarlo, come per dire: questo! E' questo il cinema! E' questo lo sguardo in grado di indagare l'uomo e i suoi moti interni: le paure e i tentannamenti, le piccole, inutili esperienze quotidiane, la pioggia e pure il sole.
Tutto nel dolcissimo capolavoro di Rohmer si dà attraverso sfumature di colori e caotici, inquinati piani acustici che diventano poi alternanze di umori.



Rohmer, con la delicatezza propria di un poeta autunnale, racconta l'estate di un'esistenza, sonda la dolce apatia di una solitudine, come se accarezzasse la sua magnifica protagonista. Evita le facili derive di ogni mero psicologismo, lascia agli attori la facoltà di vivere prima ancora di interpretare, di esistere prima ancora di essere. Contro le nature morte di tanto cinema studiato a tavolino, apre la sua opera alla trasparenza di un mondo che rischia di diventare sempre più plumbeo. Marie Rivière è volto affettivo anche quando in campo appare in figura intera: i suoni della vita entrano in scena, tutto è in presa diretta. Ogni elemento - plastico, sonoro, verbale - si confonde nel soave marasma di uno sguardo, di un sorriso, o di una lacrima che riga il volto della sua eroina. Fino al raggio verde che sedusse Victor Hugo: quando il sole sprofonda nel mare è allora che una luce verde s'insinua nel cielo. Fenomeno ottico dai risvolti magici e stregati, dona il potere di leggere meglio se stessi e la persona che ci sta accanto. Solo in quel momento si potrà finalmente ricominciare a vivere... e a sorridere.



2 commenti:

Obsidian M ha detto...

Il raggio verde è un film che rispolvero di tanto in tanto, quando mi serve qualcosa che mi restituisca speranza in qualcosa di migliore. E' un grande film, sicuramente il capolavoro di Rohmer, che è in grado di mandare messaggi importanti, che è in grado di riscuotere dal torpore, anche quando tutto sembra perduto.

Unknown ha detto...

è quel "anche quanto tutto sembra perduto" che mi fa amare alla follia questo film.