venerdì 16 gennaio 2015

Sognando Gioventù Bruciata




Ci sono dei film che il tempo non può scalfire, perché vivono nella loro stessa pulsante, segreta ingenuità, nel sogno di un'epoca passata ma mai dimenticata, nel loro stesso essere figli di una generazione che sarebbe stata sognata da tutte le altre. "Gioventù bruciata" è il grado zero del mito, il film da amare, omaggiare, tradire, ridefinire, come si fa con ogni grande amore. Il suo mondo è quello dell'icona colorata, che resiste al tempo perché decide insieme di subirlo e di negarlo. Mi sono sempre chiesto perché "Gioventù bruciata" di Nick Ray fosse a colori. Ho ceduto al desiderio di rivederlo: il colore del film è quello fiammeggiante delle pellicole che non ci sono più, è l'immagine densa, folle e lontana che continua a vivere beffandosi della morte, senza conoscere museificazione alcuna. Come James Dean d'altronde. A rivederlo, inoltre, ti rendi conto come il film di Ray nasconda una crudeltà, una perversione, un disagio che già macchia il mito e anticipa insospettabilmente tanto cinema americano a venire. E gli occhi del giovane Dennis Hopper già luccicano del Lynch di domani.

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