giovedì 27 novembre 2014
Confessions di Tetsuya Nakashima
Nessuna innocenza.
Parte in maniera travolgente "Confessions" di Tetsuya Nakashima: inondati da una serie infinita di informazioni, veniamo inseriti in una situazione che rivela progressivamente tutta l'algida crudeltà che la costituisce. Subito assistiamo a una confessione che si trasforma in escalation inaspettata, in atto "educativo" e tremendo rinchiuso tra le quattro mura di un aula scolastica. Peccato che dopo questo potentissimo incipit il film inizi velocemente a debordare, intrecciando macchinosamente ogni elemento e finendo sulla strada di una vendetta patinata. Le forme perfette, i ralenti esasperati, i colori desaturati, il rincorrersi di cieli e di specchi, l'onnipresenza della colonna sonora e soprattutto i facili psicologismi della seconda parte del film (dove il mistero viene meno e si cerca di spiegare l'origine del male in un banale rapporto di causa-effetto) finiscono purtroppo per perdere o comunque attenuare la vera dimensione del dolore. Rimane invece solo il fastidio, alimentato dalle esplosioni finali che debellano il senso del tempo e dello spazio, del cinema e della narrazione: ma non c'è nessuna esplosione emotiva, solo il rimpianto per il film che "Confessions" avrebbe potuto essere. Preferisco la vendetta lenta e crudelissima di Kim-Ji Woon (I saw the devil), che non tenta di spiegare il male, ma si "limita" solo a mostrarlo, fornendone una sorta di fenomenologia: quello è cinema devastante fino al midollo, ben oltre la patina luccicante delle immagini.
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