mercoledì 25 marzo 2015
Nell'indifferenza della natura:
tra Malick e Steinbeck
Leggendo Steinbeck, guardando il Malick de "I giorni del cielo", si ha sempre l'impressione che, al di là delle vicissitudini dei nomadi che vagavano per l'America in cerca di lavoro, la vita continui, nella più completa indifferenza della natura.
Le stagioni seguono il loro corso, gli animali abitano le campagne abbandonate, gli uomini lavorano, viaggiano, crescono e soprattutto guardano. Alcuni di loro muoiono, altri continuano imperterriti a viaggiare. E' il fatto stesso che tutto prosegua, in una sorta di danza naturale che dura fin dall'inizio dei tempi...Ripenso a tutti quei momenti, nel cinema di Malick, in cui viene inquadrato un volto, una situazione, un fatto naturale, un animale selvatico, per cui le tragedie narrate sono solo eco lontane e forse sconosciute. C'è qualcosa di terribile e meraviglioso in questo, che forse è il fascino stesso per l'erranza e il movimento (torniamo sempre alla Route 66, frontiera in movimento dell'immaginario americano). Ripenso certo a "Furore" del grande padre John Steinbeck. Quando i lavoratori partono alla volta della California, prima di seguirli nella loro epopea di viaggio, l'autore dedica un intero capitolo alla campagna lasciata vuota.
"Le case rimasero vuote nella campagna, e la campagna fu vuota per questo. Solo i capanni dei trattori erano vivi, i capanni di lamiera ondulata, argentei e luccicanti; ed erano vivi di metallo e benzina e olio, con i vomeri degli aratri splendenti. I trattori avevano i fari accesi, perché un trattore non conosce né giorno né notte, e i vomeri rivoltano la terra nelle tenebre e scintillano nella luce del giorno. E quando un cavallo ha finito il suo lavoro e torna nella stalla, c'è ancora vita e vigore in lui, c'è un respiro e un calore (...) Le porte delle case si spalancavano di colpo, e sbattevano nel vento. Bande di ragazzii accorrevano dai villaggi per rompere le finestre e frugare tra i detriti, in cerca di tesori. (...). Subito dopo la partenza della gente, al calar della sera del primo giorno, i gatti avventurosi tornarono dai campi e miagolarono sulla soglia delle case. E, non vedendo uscire nessuno, i gatti entrarono furtivi dalle porte aperte e si aggirarono miagolando per le stanze vuote. Poi tornarono nei campi e da allora si fecero gatti selvatici, andando a caccia di gatti o toporagni, e dormendo nei fossi al calar del giorno. Al calar della notte, i pipistrelli, che di solito si fermavano all'esterno per paura della luce, irruppero nelle case e svolazzarono per le stanze vuote, e da allora si stabilirono negli angoli bui delle stanze durante il giorno, con le ali ripiegate lungo il corpo, appesi a testa in giù alle travi, e l'odore dei loro escrementi riempì le case vuote. E i topi s'inseriarono e stivarono semi negli angoli, nelle scatole, nei fondi di cassetto delle cucine. (...) "
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