Regia: Paul Thomas Anderson
Cast: Daniel Day-Lewis, Paul Dano, Kevin O'Connor, Ciarán Hinds, Dillon Freasier, Colleen Foy.
Anno di produzione: 2008
Paul Thomas Anderson, dopo magnolie, superdotati e ubriachi d'amore, filma un'epica e sontuosa epopea che rappresenta la Frontiera dei grandi film Americani: il suo pathos e la sua grandiosità sono effettivamente sinonimi di quel gran cinema Americano che non esiste più, quello degli scenari illimitati del mito western, estraneo alle tendenze contemporanee. Come se ci fosse ancora qualcosa da dimostrare Paul Thomas Anderson si conferma uno dei più grandi talenti visionari di oggigiorno (oltre a essere tecnicamente ineccepibile) e realizza il suo film più compatto e grandioso: la grande avventura alla ricerca del petrolio si trasforma nella storia di un'arrampicata sociale, nel ritratto di un uomo amorale e machiavellico, incarnazione vivente e pulsante del cuore del capitalismo: ennesimo "biggher than life". Ricoperto da una patina buonista ed amichevole per farsi accettare dalla comunità stravolgerà poi la vita di tutti con l'ipocrisia e la spregiudicatezza che gli sono proprie. Anderson realizza una sorta di suo "Quarto potere" descivendoci con estrema minuzia l'ambizione e il successo, per poi proiettarci l'immagine crudele del degrado, della decadenza umana e morale, col conseguente isolamento. Con una fotografia e una ricchezza cromatica e figurativa impressionanti, Anderson arriva a far prima esplodere tutto il suo cinema nelle potenti fuoriuscite di petrolio che divengono sangue e peccato del protagonista e poi a farlo implodere nella sala da bowling finale dove, per l'appunto, si consumerà del sangue. Alla figura crudele del petroliere viene contrapposta quella dell'evangelismo inquietante e debordante di un predicatore eccessivo e plateale, che dall'inizio demonizza il nuovo arrivato identificando nella prospettiva di progresso e beautitudine un'involuzione barbara e mostruosa. Qui si trova il vero fuoco ardente del film, nel contrasto tra queste due figure/simbolo di evangelismo e capitalismo, tra queste due anime della storia americana. Questo scontro non potrà che risolversi in uno spietato duello finale (preannunciato già dai vari incontri tra i personaggi, come nella strepitosa sequenza del battesimo di Daniel Day Lewis che finge di redimersi di fronte al predicatore e alla comunità). L'ultima scena è antologica e brutale, indimenticabile per carica emotiva e potenza espressiva: il demonio capitalista con impeto bestiale lancia palle da bowling contro il predicatore estasiato. E' uno scontro tra corpi ormai storpi e deformati, dove il capitalismo finirà per inghiottire tutto e diventare nuova fede: "Io sono la terza rivelazione" urla Lewis, in un impeto di onnipotenza. Del resto bastava già il primo piano del petroliere mentre osservava estasiato l'esplosione notturna di petrolio per vedere riflesso il volto del male.
Una nota finale, che è un ulteriore elogio ad Anderson: la sua encomiabile capacità di passare da film corali ( di gusto squisitamente Altmaniano) come " Magnolia" o " Boogie Nights" a un film lontanissimo per atmosfere e contenuti. E se pensate che il tassello centrale di una breve carriera così poliedrica è stato quella favolosa commedia surreale che è " Ubriaco d'amore" gli elogi sono ancora più giustificati.
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