giovedì 1 dicembre 2016

Su Elle di Paul Verhoeven




C'è un mondo di pulsioni libidinali e fantasie proibite nello sguardo algido, robotico e crudele di Isabelle Huppert in "Elle", nuova conturbante opera di Paul Verhoeven. Con una furia che non risparmia nessuno, il regista olandese mina le fondamenta stesse della società borghese contemporanea: nel mirino c'è il nucleo di una famiglia che non potrebbe essere più disfunzionale, c'è lo spettacolo quotidiano dei media e il pasto mediatico della Chiesa, le perversioni della gente comune e del "buon" vicino, le nuove vite di gilf grottesche con toy-boy da strapazzo, le chiacchiere vane, sempre uguali, sempre vuote, sulla letteratura e sull'arte. La Lei del titolo è un'entità tutta cinematografica che, come una mina, fa detonare l'intero mondo - e l'intera, fasulla morale - che la circonda. Assassina di un padre e di una madre, di un amante e di un intero corollario di valori. Verhoeven firma uno dei film più politici della sua carriera, mettendo al centro un mondo - il nostro mondo - dove è il sesso a regolare rapporti di potere, gerarchie e successi. Ogni dinamica carnefice-vittima viene ribaltata, Verhoeven mischia le carte, lontano anni luce da una prevedibile storia di vendetta. Il film, proprio come uno dei videogiochi della protagonista, vive nel continuo ribaltamento di ruoli, generi, superfici. Al cinema ogni reincarnazione è possibile, ogni mondo sotterraneo ha il potere famelico di inghiottire l'intera realtà. Con lo spettro della morte sempre in agguato, la vita continua, trasformando il trauma di un passato lontano nell'innesto stesso di una furia distruttrice, di una bambina dall'infanzia rubata, nuovo angelo sterminatore, nuova, inumana configurazione di un (s)oggetto del desiderio che sembra uscire dalle pagine di Bataille.

Nessun commento: