venerdì 26 luglio 2013

Canto elegiaco di un presente che non c'è:
"Prima della rivoluzione"




«Ricordati Fabrizio, non si può mica vivere senza Rossellini»

Ogni giorno di più mi viene da pensare alla carriera di Bernardo Bertolucci: a un percorso che parte dai territori pasoliniani de "La commare Secca" fino ad arrivare a quel dono prezioso, a quella cantina-mondo che è "Io e te".
Ritorno indietro a "Prima della rivoluzione", secondo film della sua carriera che dimostra, una volta di più, tutta la potenza energica, vibrante e dirompente del suo cinema. Un cinema che è sempre stato profondamente giovane e ribelle, un cinema che avrebbe voglia di esplorare il mondo ma racconta universi chiusi e senza via di scampo. Un cinema che ha la capacità di interrogarsi non solo su ciò che c'è stato prima di lui, ma anche su ciò che verrà. Un cinema che lucido dichiara che il presente non esiste più, ma si può vivere solo nei ricordi, lasciando che la realtà faccia poi il suo corso. Un cinema che non è mai timido, ma è ambizioso, vivo e testardo, come l'uomo che lo porta avanti.
"Prima della rivoluzione" è il racconto di un mondo che finisce e di uno nuovo che sta per nascere. In mezzo a tutto questo un flusso ininterrotto di elegie e di ricordi, di corpi e seduzioni, di occasioni e di sconfitte, di parole e nostalgie. Ma l'unica nostalgia che esiste non è quella per il passato ma quella dolorosa per il presente.
Per finire "Prima della rivoluzione" appare ancora oggi, dopo cinquant'anni un film fresco che sembra prodotto nella Francia godardiana/truffautiana, perché ha la stessa voglia di vita (e di cinema) dei film della Nouvelle Vague. E' un (melo)dramma musicale che è il racconto di una crisi, di chi ha amato cinema e letteratura, Rossellini e Hawks, Melville (lo scrittore) e la sua balena bianca. Tutto finisce e si fa canto elegiaco di un presente che non c'è.
Grandiosa colonna sonora.
E amore incondizionato.


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